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Per Aspera Ad Veritatem n.27
La mente e il virtuale. Dalla rivoluzione digitale al tecno-uomo.

Tonino CANTELMI


La Rete delle Reti ed il suo impietoso fascino sulla mente umana

Il fascino impietoso e seduttivo di Internet non sembra lasciar scampo: la Rete delle Reti è ora demonizzata ed assimilata ad un invicibile mostro divorante, ora invece esaltata e beatificata per le sue immense potenzialità. No, non c’è dubbio: la Rete delle Reti rappresenta comunque la vera, straordinaria novità del III millennio: presto gran parte dell’umanità sarà in Rete. Stiamo assistendo dunque ad un cambiamento radicale e siamo forse di fronte ad un passaggio evolutivo. L’uomo del terzo millennio, in altri termini, sarà diverso: la mente in Internet produrrà eventi e cambiamenti che non potremo ignorare.
Come per ogni innovazione tecnologica, accanto agli iniziali entusiasmi giustificati dalle enormi potenzialità di questo media, sempre più specialisti si sono interrogati sui rischi psicopatologici connessi all’uso e soprattutto all’abuso della Rete. In particolare si è ipotizzata l’esistenza di una forma di dipendenza dalla Rete, definita IAD: Internet Addiction Disorder. In realtà non dovremmo trascurare il fatto che tutto nacque per un fantastico scherzo planetario: uno psichiatra americano fece girare in Rete i criteri diagnostici per la dipendenza da Internet, mutuati dal DSM IV. Come spesso succede in Rete, la fantasia fu superata dalla realtà, sia pure virtuale: la dipendenza divenne un argomento straordinariamente attuale. Dibattuta, demonizzata, esaltata: la Rete non colse la differenza fra realtà e scherzo. Altra beffa clamorosa fu l’invenzione di gruppi on line di auto-aiuto per retomani. L’Internet Addiction Disorder, quella vera e non la beffa, divenne un fenomeno noto al di fuori della Rete quando nel 1996 la dottoressa statunitense Kimberly Young, dell’Università di Pittsburg, pubblicò la ricerca “Internet Addiction: the emergence of a new clinical disorder” (1996), relativa allo studio di un campione di soggetti dipendenti dalla Rete. Da allora ad oggi sulla stampa vengono continuamente riportate le vicissitudini dei soggetti affetti da questa nuova patologia. Anche le ricerche che ho presentato in Italia dal 1997 hanno avuto una eco sorprendente sulla stampa, amplificata dalle TV e dalle radio. L’eccessivo clamore dato dai mass media a tale argomento ha giustamente irritato gli utilizzatori di Internet, che hanno percepito una sorta di ingiustificato attacco alla Rete. Cosicché ho scoperto di essere stato oggetto di discussioni e in alcune chat di subire insulti ed attacchi. Questa reazione, se da un lato è assolutamente comprensibile, dimostra anche che le ricerche sulle cosiddette condotte psicopatologiche on line hanno un reale interesse. Tuttavia, al di là del sensazionalismo, i problemi psicopatologici Internet-correlati sono per alcuni psichiatri e psicologi (sempre più numerosi), tra cui me, affascinanti e nuovi, ma questo non vuol dire affatto che la Rete sia un qualcosa di pericoloso e da evitare: più semplicemente ritengo che sia inevitabile studiare l’impatto che un mezzo così straordinario e, direi, così vitale ha sulla mente umana. Fenomeni che per ora sono descritti come psicopatologici potrebbero in realtà essere gli indicatori di una curiosa ed a tratti incomprensibile evoluzione dell’uomo del terzo millennio (homo tecnologicus).
In effetti le nuove tecnologie mediatiche, oltre ad essere uno straordinario motore di cambiamento sociale e di trasformazione culturale, stanno aprendo territori sconfinati di studio e di ricerca per antropologi, sociologi, psicologi e psichiatri.
La Rete delle Reti, dunque, è l’unica, vera ed inarrestabile novità del terzo Millennio: come ogni novità porta con sé inevitabili contraddizioni ed ineludibili problematiche. L’effetto dell’incontro tra l’uomo e tecnologie così straordinarie è senza dubbio un oggetto di studio interessante: noi non abbiamo saputo resistere al suo fascino. Ecco perché ci incuriosiscono i net-dipendenti, i depressi della realtà virtuale, i cybersex-dipendenti, i cybertravestiti, i prigionieri delle MUD, gli innamorati in chat e tanti altri ancora, dai protagonisti delle flame wars, le liti furibonde in chat, a coloro che non possono smettere di informarsi, affetti come sono da quella strana patologia definita “Information Overload Addiction”.
La ragnatela mondiale cattura, avanza inarrestabile, esalta ed eccita: è lei la straordinaria protagonista dell’epoca della rivoluzione digitale. Che cos’è la Rete, se non un immenso e sconfinato labirinto, luogo senza centro, anarchicamente disegnato e ridisegnato, spazio di ricerca al servizio di un’impresa conoscitiva straordinaria, ma anche dimensione dello smarrimento del sé e del percorso, attraverso la perdita del fine e dello scopo?
È dunque in atto una rivoluzione, la rivoluzione digitale, che, inaugurando affascinanti universi di conoscenza e di esperienza, ha già da ora modificato il registro delle nostre possibilità mentali e sensoriali, contribuendo a plasmare una nuova cultura e differenti forme e modalità di sentire il rapporto con se stesso, con l’altro da sé e con il mondo. Proprio perché cariche di fascino, queste possibilità devono indurci a percepire ed a riflettere criticamente circa i loro effetti sulla vita psichica e relazionale. Le dinamiche della vita reale si possono rivelare insufficienti ed inadeguate ad una vita in Rete che è davvero tutta da inventare.
La comunicazione virtuale è caratterizzata da ipertestualità, ipermedialità, elevata velocità, sostanziale anonimato, giochi di identità, superamento dei normali vincoli spaziotemporali, parificazione dello status sociale, accesso a relazioni multiple, insorgenza di emozioni imprevedibili, anarchia e libertà di trasgressione: ingredienti straordinari per trasformare il cyberspazio in un’affascinante dimensione del nostro stesso vivere. In Rete, dunque, è possibile amare, studiare, comprare, sognare, è possibile, in altre parole, vivere.
Le caratteristiche della comunicazione virtuale possono rendere la Rete più agevole della realtà, anzi tanto gradevole da instaurare una sorta di dipendenza. Alcuni studi, che ho condotto con la collaborazione di molti psichiatri e psicologi, indicano che il 10% dei navigatori è esposto a questo rischio: un dato inquietante e a mio parere eccessivo. È necessario studiare questo strano fenomeno dei net-dipendenti quando Internet non sarà più un evento ma una ineludibile realtà. Alcuni soggetti poi presentano curiose regressioni. Ecco allora l’insorgere di un ritiro autistico, che prelude a fenomeni dissociativi anche gravi: la Trance Dissociativa da videoterminale, patologia rara, almeno per ora, che in Italia ha colpito una decina di irriducibili navigatori. Fragilità pregresse impietosamente esaltate dalla Rete? Forse. Potenza straordinaria della Rete stessa? Forse. I prossimi studi definiranno meglio la faccenda. Intanto osserviamo alcune forme di navigazione patologica: cybersex addiction, compulsive on line gambling, cyber relationship addiction, MUDs addiction, information overload addiction.
E ancora: come interpretare il diffusissimo fenomeno del cybertravestitismo? I mondi virtuali consentono la creazione di identità talmente fluide e multiple da trasformare i limiti del concetto stesso di identità. L’esperienza del cyberspazio è la concretizzazione di un altro modo di considerare il sé, non più come unitario, ma multiplo. Esperienza questa non del tutto negativa, visto che può consentire al nostro io di accedere ed elaborare i nostri molti sé.
Il concetto di addiction non mi sembra che possa esaurire un fenomeno così complesso come le condotte psicopatologiche on line. Per questo preferisco parlare di Internet Related Psychopathology (IRP), nella quale comprendere una costellazione di disturbi e di comportamenti molto lontani dall’essere sistematizzati e definiti.
Alla base troviamo alcune condizioni facilitanti offerte dalla Rete:
· la facile ed immediata accessibilità ad ogni servizio, con gratificazione immediata di ogni piccolo bisogno;
· l’alto controllo che si può esercitare sulle proprie attività on line, non disgiunto da una irreale percezione di onnipotenza;
· la straordinaria quantità di stimoli a cui è possibile sottoporsi e il conseguente stato di eccitazione che può essere facilmente raggiunto;
· la possibilità dell’anonimato, che rende possibile il gioco dell’alternarsi di identità.
Tanti sono ancora gli aspetti da chiarire, tuttavia è prevedibile che in futuro, in considerazione dell’inarrestabile diffusione della Rete, fenomeni, per così dire, “psicopatologici” connessi ad Internet potranno assumere dimensioni più ampie e contorni più definiti. Inoltre presto Internet riguarderà non solo giovani-adulti (la maggioranza degli utenti oggi in Italia), ma anche adolescenti e bambini. È perciò ineludibile la necessità di studiare con attenzione l’impatto che una così potente tecnologia ha sulla psiche dell’uomo.

La mente in Internet e le cosiddette condotte psicopatologiche on line

Come già accennato, è stata la Young per prima a tentare di dare una sorta di dignità scientifica ai curiosi fenomeni di apparente dipendenza dalla Rete. È da poco disponibile in Italia il libro della Young (Edizioni Calderini, 2000) nel quale sono stati riportati dall’autrice i numerosi casi osservati. Ritengo che l’analisi psicopatologica risenta di una certa ingenuità e di un forte realismo tipicamente americani e che il costrutto IAD (Internet Addiction Disorder) non sia sufficientemente validato.
Comunque il termine IAD indica una forma di abuso-dipendenza da Internet che, come tutte le forme di dipendenza, provoca problemi sociali, sintomi astinenziali, isolamento, difficoltà coniugali, prestazionali, economiche e lavorative.
I soggetti più a rischio per lo sviluppo della IAD sembrerebbero avere un’età compresa tra i 15 e i 40 anni, presentano carenze comunicative legate a problemi psicologici e/o psichiatrici, emarginazione, difficoltà familiari e relazionali. Altri fattori predisponenti sarebbero l’elevato grado di informatizzazione negli ambienti lavorativi, turni notturni, isolamento geografico.
Inoltre particolarmente esposte a questa nuova sindrome sembrerebbero essere le persone che presentano tratti di personalità ossessivo-compulsivi e/o tendenti al ritiro socio-affettivo. In questi casi la IAD rappresenterebbe un “comportamento di evitamento” grazie al quale il soggetto si rifugia nella Rete per non affrontare le proprie problematiche.
Con il passare del tempo l’utente aumenta il numero di ore trascorso in rete fino a raggiungere la consapevolezza di non riuscire a sospendere o a ridurre l’uso di Internet.
Possiamo distinguere due tappe del “percorso virtuale” che porta il soggetto a sviluppare una vera e propria Rete-dipendenza. La prima fase è quella definita tossicofilica durante la quale si evidenzia un interesse ossessivo per la mail-box, un periodo lurker caratterizzato da sguardi fugaci a diversi siti e un’attenzione sui temi inerenti la Rete. Durante questa fase si può già notare un certo grado di malessere off-line, un’intensa partecipazione a chat e a gruppi di discussione, prolungati collegamenti notturni.
La seconda fase è detta tossicomanica ed è correlata a fenomeni psicopatologici pregressi. In questo periodo i collegamenti sono così prolungati da compromettere la vita di relazione, sociale e professionale. Una vera e propria condotta tossicomanica riguarda solo soggetti con evidenti problematiche psicopatologiche pregresse. In realtà il fenomeno IAD rimanda ad altro: ritengo che stiamo tentando di utilizzare categorie psicopatologiche per spiegare fenomeni nuovi, che nascono dall’interazione tra la Rete e la Mente: in realtà siamo alle soglie di un periodo evolutivo, in cui l’uomo sta cambiando, forse strutturalmente.
Pertanto, pur con i limiti delle nostre attuali conoscenze, dietro al termine Internet Addiction Disorder si cela una costellazione di disturbi strettamente connessi all’insieme di bisogni e scopi dell’utente. Si parla, quindi, di differenti Cyber Addictions da me comprese nella cosiddetta “Internet Related Psychopathology” (IRP):
· Compulsive on-line gambling: il gioco d’azzardo compulsivo è già da tempo riconosciuto e contemplato dal manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM IV). La possibilità di accedere da casa a casinò virtuali o a siti per scommettitori, facilita lo sviluppo di tale compulsione, con effetti deleteri sulla vita di relazione ed economica;
· Cybersexual Addiction: riguarda sia il materiale disponibile in Rete vietato ai minori (immagini pornografiche, giochi e film), sia le relazioni erotiche tra due partecipanti mediante e-mail, IRC, canali CUSeeMe;
· Cyber Relationship Addiction: riguarda lo stabilire relazioni amicali e/o sentimentali tramite e-mail, chat rooms o newsgroup a scapito dei reali rapporti interpersonali;
· MUD’s Addiction: le MUs sono giochi di ruolo in cui, tramite la Rete, è possibile che più utenti giochino tra loro simultaneamente. Di solito prevedono la creazione di un personaggio fittizio con cui il soggetto gioca e si identifica;
· Information Overload Addiction: questa dipendenza si caratterizza per la ricerca estenuante di informazioni, protratta dall’individuo per gran parte del tempo di collegamento. Le informazioni vengono ricercate attraverso attività come il web surfing e/o indagini senza fine su materiali reperibili in banche dati.
È stato Vincenzo Caretti per primo ad indicare una nuova categoria diagnostica per descrivere un fenomeno psicopatologico correlato alla Rete ed alle tecnologie “percettive”: la Trance Dissociativa da Videoterminale. Nel 1998 descrissi, insieme ai miei collaboratori, un caso clinico, caratterizzato da alcuni elementi:
· assenza di patologia psichiatrica pregressa;
· abuso di navigazione in Rete, preceduto da uso compulsivo della mail;
· insorgenza acuta di disorientamento, deliri ed allucinazioni;
· trattamento psicofarmacologico;
· ritorno alla normalità con necessità di limitare fortemente l’accesso alla navigazione.
Questo caso osservato da me ed altri riportati da altri colleghi trovarono un inquadramento nella categoria diagnostica proposta da Caretti.
Con il termine dissociazione si vuole indicare la separazione di una o più parti di processi mentali, solitamente integrati (per esempio, coscienza, memoria, identità, percezione dell’ambiente) dal resto della coscienza, con la conseguenza che questa parte si comporterà come un’identità mentale indipendente dalla personalità globale, la quale non riuscirà ad esercitare nessun controllo sulla parte scissa.
Attualmente il Disturbo da Trance Dissociativa non è correlato alla patologia conseguente la dipendenza da Internet o dai videogames ma per le sue caratteristiche si presta all’inserimento nosologico dei disturbi della coscienza indotti dalle nuove applicazioni del computer e delle realtà virtuali.
La Trance Dissociativa da Videoterminale è uno stato involontario di trance con alterazione dello stato di coscienza, depersonalizzazione e perdita dell’abituale senso di identità personale, che può essere sostituita o meno da un’identità alternativa che influenza quella abituale. Questo disturbo è conseguente alla dipendenza patologica del computer e dalle sue applicazioni.
Dal punto di vista psicodinamico si possono riscontrare tre livelli evolutivi: la dipendenza, la regressione, la dissociazione.
La dipendenza implica:
· un ipercoinvolgimento di tipo ritualistico con il computer e le sue applicazioni;
· una relazione di tipo ossessivo-compulsivo con le esperienze e le realtà virtuali;
· una tendenza a “sognare ad occhi aperti” come modalità prevalente sull’azione nei rapporti reali;
· debolezza dell’Io;
· tendenze fobiche nei confronti della vita sociale.
La regressione comporta:
· una tendenza a relazioni immaginarie che compensano le scarse relazioni oggettuali;
· ritiro autistico;
· fantasia autistica come modalità difensiva dell’Io.
La dissociazione si caratterizza per:
· labilità dei confini dell’Io;
· dispersione del Sé;
· depersonalizzazione, cioè distacco ed estraneamento da se stessi fino alla perdita del contatto vitale con la realtà.


Il paziente on line: dal sofà di Freud alla chat?

Negli Stati Uniti per circa 30 dollari è possibile effettuare una seduta di psicoterapia on line. Inutile negarlo: ciò ci ha dapprima sorpreso, poi inorridito ed infine incuriosito. L’offerta dilaga e le richieste sono innumerevoli. È superfluo discutere dei mille ed uno motivi teorici che ci sembrano ostacolare la possibilità di effettuare una psicoterapia on line: dove vanno a finire la relazione terapeuta-paziente, le funzioni di holding e di contenimento delle psicoterapie, tanto per citare alcuni dei prima accennati buoni motivi per dire di no alla psicoterapia on line?
Inizialmente cominciai ad utilizzare la mail per proseguire on line terapie iniziate nel mio studio ed altrimenti interrotte dal temporaneo trasferimento all’estero dei pazienti. Pochi casi, ma la sorpresa fu che il contatto mail divenne come un autentico appuntamento: aspettato, preparato, vissuto e chiuso in attesa di un altro contatto. La relazione (terapeutica?) proseguiva e l’asincronia delle risposte consentiva una maggiore riflessività. Inoltre mi sembrò che alcuni appuntamenti on line fossero caratterizzati da una maggiore confidenzialità, favorita da un abbassamento delle difese coscienti.
Decisi così, non senza dubbi, di aprire in Italia il primo sito web che offrisse, in via sperimentale e gratuitamente, la possibilità di effettuare un qualcosa che ho definito come “ipotesi” di psicoterapia on line (www.psychoinside.it). L’iter prevede che il candidato alla consulenza-terapia on line prenda un contatto mail: questa è la fase dell’accoglienza, della decodifica della domanda e della ridefinizione del problema presentato. Questa fase è gestita da due psicologi, i quali provvedono poi ad informare il paziente della natura sperimentale del servizio. Al paziente on line viene anche spiegato che i dati a nostra disposizione indicano che l’unica forma di psicoterapia attualmente validata è quella face-to-face. In questa fase viene acquisito il consenso informato. A questo punto il paziente on line prende contatto con il terapeuta che gli viene assegnato. Gli strumenti utilizzati sono tre: la posta elettronica, la chat (con modalità bisbiglio) e la video-chat. Moltissime le richieste pervenute, i dati sono ancora incerti, ma i navigatori si sono mostrati attenti e disciplinati, accettando regole comunicative, tempi e modi. Alcune considerazioni, per quanto preliminari, mi consentono di apprezzare alcuni vantaggi, correlati alla facilità di accesso, all’asincronia della comunicazione, ad una maggiore confidenza ed apertura dei pazienti ed allo sfruttamento di un transfert anomalo (paziente-computer-terapeuta). Siamo appena all’inizio di una straordinaria avventura: non sappiamo come si chiamerà e come sarà definita, ma la psicoterapia on line è già una realtà. Gli psichiatri e gli psicologi del terzo Millennio non potranno sfuggire alla necessità di essere là dove sarà la gran parte dell’umanità: nella Rete.

Le conclusioni improbabili

Non possiamo dunque non chiederci “dove stiamo andando?”: l’espansione della ragnatela è di per sé inarrestabile ed apportatrice di novità straordinarie. Nessuno vorrà rinunciare agli enormi benefici che ne derivano. L’uomo scopre tuttavia nuove ed altrettanto potenti gratificazioni, connesse con le caratteristiche stesse della comunicazione virtuale ed interattiva propria della Rete. Non allarmismi: il popolo della Rete ha protestato contro il clamore che stampa, TV e radio hanno dato agli studi condotti da me e dai collaboratori. Così abbiamo scoperto che in alcune chat, indispettiti ed arrabbiati, ci insultavano o ipotizzavano complotti veteropsichiatrici contro la Rete, in altre prevalevano toni di allarme e di paura, in altre ancora si ironizzava su questi strani psichiatri, forse anche loro net-dipendenti. Le critiche sono in parte giustificate: i nostri dati sono ancora incerti, mal definiti e nebulosi e la Rete è un fenomeno così complesso da apparire indescrivibile. E in definitiva non è detto che i “paradisi telematici” siano più dannosi di quelli “artificiali” dell’oppio: anzi, per certi versi, aprono prospettive affascinanti attraverso le quali è possibile intravedere potenzialità davvero interessanti. La Rete delle Reti si propone come una sorta di cervello planetario, dai confini incerti ed indefinibili e dalle potenzialità straordinarie.
Siamo dunque alle soglie di una fase evolutiva dell’umanità, caratterizzata da tecnologie sempre più umanizzate e da uomini sempre più tecnologizzati. I fenomeni che osserviamo e che per ora percepiamo come psicopatologici potrebbero essere i segni di un cambiamento: l’uomo del III millennio, comunque, sarà diverso.


Bibliografia
Cantelmi T., Putti S., Talli M., @Psychotherapy, EUR, Roma 2001.
Cantelmi T., Talli M., D’Andrea A., Del Miglio C., La mente in Internet, Piccin Editore, Padova 2000.
Cantelmi T., Giardina Grifo L., La mente virtuale, Edizioni San Paolo, Milano, 2002.
Cantelmi T., Orlando F., Psicologia del trading on line, Edizioni CSE, Torino, 2002.
Caretti V., Psicodinamica della Trance Dissociativa da videoterminale, in Cantelmi T. et al., La mente in Internet, cit.
Young K.S. Caught in the Net John Wiley & Sons, New York, 1998, edizione italiana: Presi nella Rete, a cura di T. Cantelmi, Calderini Edizioni, 2000.



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